In ogni angolo, su ogni tavolo, un particolare diverso, una cura del dettaglio maniacale e straordinariamente efficace. Bello, è dir poco, anche nella bella stagione quando ci si può accomodare nel sorprendente (da fuori proprio non si direbbe) giardino retrostante. La medesima cura viene applicata in cucina nell’elaborazione di piatti che compongono un menu completo e variegato, ma in cui non viene mai rinnegato l’imprinting delle origini toscane.



La carta è rinnovata ogni giorno, mentre un percorso di degustazione viene approntato al momento, secondo disponibilità di mercato ed umore del patron. Squisiti il piccolo fritto di carciofi, gamberi, totani, rossetti e verdure ed i due servizi di caviale iraniano con purea calda di patate e con uovo leggermente strapazzato. Quindi tra i primi meritano una menzione particolare per la profondità dei sapori (è questa ricerca il filo conduttore dello stile di cucina, solo apparentemente semplice) le tre zuppe toscane: passato di fagioli e cannellini all’olio nuovo; farinata toscana e zuppa di cavolo nero. Notevoli i pesci ed i crostacei tra i secondi (la catalana di gamberi, astice e scampi nazionali è degna della fama della ricetta), ma la goduria vera arriva con l’ossobuco alla toscana con piselli ed il piccione arrostito e disossato con salsa al miele. Per terminare pecorino toscano alla piastra con favette fresche sgusciate o babà caldo al Rhum, crema inglese, fragoline di bosco e salsa di profiterole, dolce per cui vale la pena aspettare un quarto d’ora. Cantina molto ben fornita (la lista è chiara) anche se meno “passionale” della cucina.
Elio Ghisalberti
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